Raffaele Casarano: la mia strada

Pubblicato il: 13 Dicembre 2022

Tutti I talenti di Raffaele Casarano sono ben delineati in “Anì” il suo album appena pubblicato dalla Tuk Music di Paolo Fresu, che così ne ha sottolineato i tratti principali.

Si tratta di un lavoro che sogna il futuro, ma anche di un delicato tributo alla vita, fatto di poesia, emozione, dialogo e suoni contemporanei“ racconta Casarano. Dedicato alla piccola Anita, quasi completamente improvvisato, con la voce e l’oud del redivivo e sempre originalissimo Dhafer Youssef e le scorribande rap di M1deadprez & Bonnot – AP2P, vi si riconoscono un' estrema lucidità nel creare sul momento, una personalità oramai matura e ben definita, una musica densa e ricca di umori, in cui riescono a convivere in una dialettica creativa ed imprevedibile le diverse personalità degli artisti coinvolti: “E’ stato un percorso lungo quello che ha portato a definire questo disco- ribadisce Casarano- si è trattato appunto di una gestazione durata quasi 4 anni rispetto al precedente ‘Oltremare’. Il risultato riguarda una volta di più la mia musica, nel senso che è una sintesi sincera che riguarda la mia vita ed il tratto effettuato fino ad oggi, che racconta da dove arrivo, dove vivo e dove voglio andare”.

Come lo hai sviluppato?
Ho preferito intraprendere un percorso di scrittura e produzione in stile “one man band”: in effetti ho suonato quasi l'80% degli strumenti, fra programmazione di drum machines, ambientazioni, bassi, oltre la scrittura e stesure delle strutture armoniche e melodiche.

Ma nella musica improvvisata si può suonare con chiunque ed in qualsiasi situazione ? E poi oggi in rapporto alla struttura dei brani, quanta rilevanza possiede ?
L'ossatura di ogni brano è ancora più modulabile rispetto al passato e pronta ad accogliere qualsiasi suono e strumento, da qualsiasi parte del Mondo provenga. Per me questa è la soluzione migliore per accogliere tutte le forme improvvisative e creative. Tutto quello che accade nel live è sempre cangiante, pronto a modellarsi. Con ‘Anì’ credo che sia riuscito a trovare una buona connessione tra l’ improvvisazione e la realizzazione di un viaggio strutturato creativo e al contempo definito.

Quando hai iniziato perchè hai scelto di suonare il sassofono in mezzo a tanti altri strumenti? In Anì sei anche protagonista di un originalissimo esperimento...
Il sassofono per me ha rappresentato subito la mia dimensione: attraverso di esso ho creato il prolungamento della mia voce. Il sassofono è quindi la dimensione che mi permette anche di poter cantare , proprio come un cantante che utilizza appunto la sua voce. E poi mi piace esplorare mondi nuovi, come appunto è accaduto in questo disco, utilizzando il suono senza imboccatura: è avvenuto in due brani,“Trance in space” e “Festa”, circostanza mai realizzatasi prima in un lavoro discografico. Ma oggi mi sentivo pronto per registrarlo.

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