Rolling Stones - Exile On Main Street
Recensioni musicali

Rolling Stones

Exile On Main Street

Di: 
Pubblicata il: 9 Aprile 2021
Anno: 1972

Nel 1971, i Rolling Stones lasciano l’Inghilterra per evitare il fisco inglese che chiede oltre 200.000 sterline a ciascun componente. Decidono così di stabilirsi nel sud della Francia, in Provenza, dove il chitarrista Keith Richards (l’anima rock ‘n’ roll della band) ha appena affittato Villa Nellcôte, una residenza meravigliosa situata nella baia di Villefranche sur Mer. Richards, volato nel frattempo in Francia con il figlio Marlon e la moglie Anita Pallenberg, attrice, modella e sua musa, attende l’arrivo degli altri Stones per lavorare a quello che poi diverrà il miglior album della storia della band inglese, sicuramente il più completo e ricco di spunti. Questo anche grazie ad ospiti importanti che hanno influenzato non poco l’intero album, su tutti Gram Parsons, che se non fosse scomparso prematuramente sarebbe stato il prescelto quarto Stones, in sostituzione di Brian Jones, morto tre anni prima in circostanze misteriose. Il doppio album è una meraviglia musicale, un ritorno alle loro origini, è l’America vista dagli Stones da una cantina francese di riviera adibita a studio di registrazione per l’occasione. Al suo interno troviamo del country-blues, grazie alla magnifica Sweet Virginia, l’ottimo soul di Let It Loose, il rock ‘n’ boogie di Rip This Joint, oltre ad alcuni brani rock tipicamente Stones, quali Happy, cantata da Keith Richards, e la coinvolgente Tumbling Dice, che diverrà un classico degli Stones nei loro tour e nelle compilation future. Questi sono tutti brani che mostrano al mondo intero di quale rock sono gli Stones dei 70s, poliedrici, curiosi, graffianti e volenterosi nel percorrere sempre nuove strade senza dimenticare le radici degli esordi. Mick Jagger appare forse per la prima volta leggermente in disparte, salvo poi ricomparire nelle vesti di padrone di casa che si gode il meglio della festa e, alla fine, dopo aver lasciato fare, arriva e riannoda un po’ dei temi lanciati qui e lì, riassumendoli tutti col suo canto. Un canto ricco di poesia, che sembra un video in cui il cielo e la terra, la disgrazia e la fortuna, l’uomo e la donna, l’essere e il non essere, l’omo e l’etero, il blues e il rock, il seriale e il sedentario, la vittima e il carnefice convivono finalmente grazie a due suoi gioielli, Loving Cup e Torn and Frayed, due ballate che arricchiscono non poco il doppio album dei londinesi, lasciando un segno indelebile nei brani essenziali della discografia made Rolling Stones. Del resto, dopo il celebratissimo Sticky Fingers del ’71, album celebre anche grazie all’originale copertina con la chiusura lampo vera (idea partorita dalla geniale mente di Warhol, che inaugura tra l’altro anche la loro label Rolling Stones records con il celeberrimo logo della bocca e lingua rossa ispirata a Jagger), il secondo album dei primi ’70 rischiava grosso dopo il precedente “gioiello”. Non a caso, nonostante l’album a metà giugno del ’72 fosse già primo in classifica in USA e GB dopo appena due settimane, una certa parte di critica non apprezzò questo ritorno alle origini, bollando l’album come “troppo ambizioso”. In effetti, è un album ambizioso ma ben riuscito: il brano d’apertura, Rocks off, è una chiara dichiarazione d’intenti, che rende da subito l’idea del forte contenuto dei diciotto brani presenti. Va anche detto che Exile On Main St. è l’unico album doppio in studio prodotto dalla band, è l’ambiziosa costruzione su una musica cruda ma anche il grande ritorno sulle scene con il tour negli States, che riscuoterà enorme successo, questa volta senza il chitarrista Mick Taylor, che lasciò la band per i troppi eccessi altrui (Taylor non era certo tipo da sesso, droga e rock ‘n’ roll). A distanza di 40 anni, era doveroso raccontare un album che ha segnato la storia del rock, arrivando in cima alle classifiche più importanti, riassumendo circa dieci anni di carriera e iniziando gli anni Settanta nel modo migliore, a colpi di blues, rock, country, rhythm and blues e gospel. E tutto questo altro non è che l’America vista dagli Stones, di chi l’ha girata, vissuta, amata, cantata e suonata, questa volta da una lussuosa villa francese.

Voto Artistico: 9
Voto Tecnico: 8

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